mercoledì 13 aprile 2016

Frammenti di vita: La prima maratona di Luisa Sorce!

Circa un anno fa ho cominciato a pensare che mi sarebbe piaciuto correre una Maratona. Era un momento felice e appagante ed ero piena d'entusiasmo. Con un'amica si fantasticava su Venezia, la città più romantica d'Italia.. ma poi le cose non sono andate così, il progetto, il sogno di passeggiare sul ponte dei Sospiri è svanito per vari motivi, io ho corso una gara sociale e la mia amica del cuore ha visitato la Laguna senza correre la Maratona, con il marito e la figlioletta. Ma l'idea di correre una Maratona non mi lasciava.. magari senza doversi spostare la cosa sarebbe stata più fattibile dovendomi organizzare con le bimbe e Olli. Una volta deciso mi sono iscritta a quella della capitale, Roma è la città in cui vivo, che mi ha accolta, dove corro tutti i giorni sù e giù per il Tevere, un museo a cielo aperto e in primavera è qualcosa di speciale, ha una luce magica.
Correre una Maratona non è uno scherzo, ti devi preparare, devi concentrarti, devi essere disciplinata e costante, mangiare bene, dormire bene e pur facendo tutto questo non è detto che vada tutto per il verso giusto. Ci possono essere mille insidie e imprevisti. Domenica scorsa, però, ogni cosa ha trovato la giusta collocazione, ogni sacrificio è stato ripagato e tutto era perfetto, la giornata era strepitosa, il clima pure, era assolato ma ventilato e fresco; ho ricevuto l'investitura ramarra "il battesimo della prima Maratona" insieme ad altri compagni di squadra, lo sparo di un mottaretto ci ha investiti di una pioggia di coriandoli, foto di rito, deposito borse ed ecco che il cuore ha cominciato a battere forte per l'inizio di questa avventura, di questo vero e proprio viaggio che difficilmente dimenticherò.
La Maratona a mio avviso va corsa da soli. Il mio coach mi ha dato poche, semplici regole da seguire:
1) Bevi ad ogni ristoro.
2) Trovati e scegli bene strada facendo, dei compagni che abbiano il tuo stesso passo.
3) Ricordati di sorridere ad ogni fotografo.
4) La corri per godertela e non per patirla.
5) Resta concentrata ma serena perchè non stai andando in Missione in Afghanistan.
6) In gara cerca di non rimorchiare..!! 😊
Come diceva Picasso, la fortuna aiuta chi è preparato. Fatto sta che domenica è stata una giornata perfetta: due compagni di viaggio incontrati per caso, Federico e Marco, un percorso straordinario pieno di angoli di commovente bellezza, tanta gente, colori, allegria, una vera festa.
La Maratona è un viaggio introspettivo, è un modo per conoscersi meglio, per capire chi siamo veramente. Il mio attimo di commozione e di sincera emozione è arrivato poco prima del Ristoro Ramarro al 35°km. La galleria che lo precede sul lungotevere era al buio, qualche piccola luce artificiale, ma dalle pareti laterali filtravano come spade pulviscolari dei caldi raggi di sole dalle aperture lunghe e sottili propedeutiche al riciclo d'aria. Per un attimo sono diventata sorda, sentivo solo il mio respiro e come una leggera brezza un brivido mi ha accarezzato la guancia scendendo lentamente sul collo e lungo la schiena, ero stanca ma mi sentivo viva, ho socchiuso gli occhi e le lacrime hanno percorso il mio viso facendomi sentire il loro sapore salato sulle labbra. È stato un momento di vera estasi, ero lucida pur essendo emozionata, ero lucida pur essendo distaccata da tutto quello che avevo intorno. In quel momento ho sentito che ce la potevo fare anzi che ce l'avrei fatta. Nei chilometri precedenti avevo avuto un attimo di crisi superando Villa Glori e percorrendo via Flaminia. Il mio coach mi aveva avvisata che sarebbe arrivato un momentaccio intorno al 32°km e quindi non mi ha colta impreparata, ho acceso l'ipod, le gambe erano dure e legnose, il gps segnava un passo di 5.48.
Quando ho concordato il ritmo con Peppe, mi aveva detto di correre 37km a 5.50 e poi eventualmente aumentare negli ultimi 5km. Ma tra siciliani si contratta e tra Catania e Palermo ha vinto la capitale sicula accordandosi su un ritmo di 5.35/40 😁
Arrivata al ristoro ramarro al 35° non riuscivo a vedere nessuno, gli atleti erano accalcati sui tavoli per rifocillarsi, per riuscire a farmi vedere ho dovuto urlare, ero contenta, Antonella ha preso una bottiglietta d'acqua e ha percorso con me due trecento metri, continuava a dirmi che stavo andando bene e che il più era fatto e io mi sono sentita leggera. In un attimo, almeno cosìo è sembrato, sono arrivata a piazza Venezia ma lì non sei ancora arrivata, ti rimandano indietro per via del Corso perchè la gara mica è finita.. anzi è lì che sta cominciando! C'era un gran tifo, continuavo a ripetermi.. via del Corso è solo un miglio è solo un chilometro e mezzo e poi torni indietro e arrivi al Traforo, devi arrivare al 40°, ultimo ristoro, ultimo step e poi ti mancano solo due km. Ho percorso la galleria tutta d'un fiato, ai lati era tutto un ricovero di atleti, alcuni stesi per terra altri in preda ai crampi o ai dolori addominali. A ogni passo che facevo aumentava lentamente la luce del sole che dal fondo lasciava scorgere via Nazionale e io non pensavo ad altro che alla discesa che finalmente mi avrebbe portata all'Altare della Patria, da lì vedi finalmente l'arrivo, la vista ti si annebbia per un attimo guardando quei numeretti rossi sul display digitale, lungo i Fori i centurioni brandendo le spade ti incitano, tutto si fa sfumato è tutta una concitazione, il mio ipod suona i Coldplay, la gente urla, si sta sgolando anche per te che stai per tagliare il traguardo e realizzare un sogno. Ce l'ho fatta penso, una ragazza mi sorride mettendomi la medaglia al collo, un'altra mi avvolge nella carta argentata come un supereroe; prendo lo zaino, frugo, cerco il telefono, devo trovare le mie bambine che sono qui da qualche parte in questa bolgia, stanno aspettando la mamma Maratoneta, la più piccola Lauretta corre per abbracciarmi, mi dice: mamma hai vinto?! io rispondo: la mamma ha corso bene ed è felice per questo.
Ho imparato tanto, correre bene la Maratona è il rischio di chi si allena bene e per farlo devi avere un bravo istruttore e io ho il MIGLIORE, devo a lui questa meravigliosa esperienza, è un professionista, un vero atleta, un campione, un uomo positivo e risolto, un vero amico, mi è stato sempre vicino, non mi ha mollata mai nei miei momenti peggiori, se sono riuscita in questa mia impresa è solo merito suo. Essere un professionista significa sapere cosa si sta facendo e farlo bene. Ha creduto in me e mi ha sempre sostenuta e spero di averlo reso orgoglioso del mio risultato. È stata un'esperienza meravigliosa che porterò sempre nel mio cuore. Grazie.

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